Il secolo dei lumi dello scrittore cubano Alejo Carpentier, pubblicato originariamente nel 1962, è un libro che farebbe la fortuna di quel produttore cinematografico che decidesse di usarlo come ispirazione per la trama di un film, che risulterebbe esaltante per le emozioni raccontate e la spettacolarità dei fatti storici interessati (il regista cubano Humberto Solás ne ha tratto un film nel 1992).
Una storia piena di echi passionali vissuti in un’epoca veramente eccezionale, la rivoluzione francese, che ha stravolto e cambiato la vita di milioni di persone, pensiamo ad esempio all’abolizione della schiavitù nelle colonie francesi. Una storia narrata attraverso le vicissitudini dei cinque personaggi principali due dei quali realmente esistiti, Victor Hugues e il dott. Ogé, che ebbero ruoli politici di rilievo.
È anche il racconto di una rivoluzione tradita, in costante mutamento, contraddittoria, divoratrice di se stessa, che ha visto l’ascesa di personaggi sconosciuti ovvero di quelli che hanno cambiato divisa tempestivamente, e la strepitosa caduta di chi era paragonato, solo il giorno prima, ai più grandi uomini del passato. Idoli popolari condannati a morte dai nuovi emergenti, all’ombra della ghigliottina, in una carneficina senza fine.
Scopriamo allora che gli uomini incorruttibili che fanno le rivoluzioni si sporcano, a volte, con il potere e finiscono totalmente trasformati da questo al punto di divenire identici ai tiranni che loro stessi hanno detronizzato al grido di uguaglianza e giustizia.
Speranze di vita vissute tra Cuba, Haiti, l’Europa e poi di nuovo le Antille francesi, Guadalupa e la Guyana, in un vortice di azioni e di passioni che rendono il libro avvincente perché in fondo, ci viene da dire, quella sarebbe veramente un’esistenza che varrebbe la pena vivere.
E se vogliamo vedere con i nostri occhi i luoghi e la gente di allora, basta seguire i ricordi di uno dei protagonisti che “quando pensava alla città natale, divenuta remota e singolare per via della distanza, Esteban non poteva fare altro che evocarla in colori d’acquaforte, con le sue ombre accentuate dall’eccessiva luce delle parti illuminate, con i suoi cieli d’improvviso grevi di tuoni e nuvolaglie, le sue vie anguste, fangose, piene di negri affaccendati fra il catrame, il tabacco e la carne secca.”
Per chi ha viaggiato in quelle terre lontane, immense, coperte dalle esuberanti espressioni della natura, non potrà non rimanere meravigliato dalla descrizione che l’autore fa del delta dell’Orinoco, rievocando in noi forme, odori e rumori già visti e vissuti… “Si trovava davanti alle Bocche del Drago, nella notte immensamente stellata, lì dove il Grande Ammiraglio di Ferdinando e Isabella aveva visto l’acqua dolce lottare con l’acqua salata fin dai tempi della creazione del mondo. Quella dolce spingeva l’altra affinché non entrasse, e quella salata, affinché l’altra non uscisse. Ma, oggi come ieri, i grandi tronchi venuti dalle terre dell’interno, sradicati dalle piene d’agosto, battuti dalle rocce, prendevano le rotte del mare, sfuggendo all’acqua dolce per disperdersi sull’immensità di quella salata.”
Alejo Carpentier, artista della parola e dell’immaginazione, è un narratore estremamente sensibile alle forme, agli oggetti, al colore e al paesaggio. Sorprendente è l’uso del linguaggio e la sua profusa cultura che, insieme allo stile espressivo, se certamente possono risultare di difficile comprensione, a volte, al lettore comune, non contraddicono la maestria dell’autore.
L’opera di Carpentier è stata studiata da specialisti di scienze umanistiche di tutto il mondo. Gli studi più numerosi si sono incentrati nei valori artistici-letterari del novellista cubano, ponendo in rilievo il grande contributo che Carpentier ha apportato alla letteratura cubana, americana e universale.
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