Incontrando Miguel Barnet

Miguel Barnet nella Conferenza di apertura del Terzo Forum Internazionale Timbalaye, Roma

Miguel Barnet nella Conferenza di apertura del Terzo Forum Internazionale Timbalaye, Roma

 

Durante la conferenza di presentazione del terzo Forum Internazionale Timbalaye, il 7 maggio scorso, ho avuto il piacere di ascoltare le meravigliose parole di Miguel Barnet sulla rumba e sulla poesia. Condividerle anche con gli assenti è stato il mio primo pensiero e per questo mi sono recato all’incontro munito di registratore.

La relazione di Barnet ha il titolo “La Poesia come patrimonio e identità”.

Nel percorso di dichiarazione della Rumba come patrimonio mondiale dell’Unesco, lo scrittore ci lascia prima alcune note biografiche, quasi degli aneddoti, poi evidenzia quanto la necessità di aprirsi alla libertà e alla forza della creatività siano state importanti per gli uomini e le donne negre, nel mezzo della schiavitù, per dare vita alla Rumba. La Rumba è l’ampliazione dello spirito e quindi poesia.
Ho voluto tradurle qui per leggerle e ascoltarle di nuovo insieme a voi.

“Tutto quello che ho fatto nella mia vita è lavorare per la cultura, non dico la cultura cubana, ma la cultura universale e particolarmente la cultura latino americana.
Io mi sono formato in una scuola nord americana, ero figlio della classe media. I miei mi mandarono a una scuola nord americana ed io pensai che il mio destino fosse vivere negli Stati Uniti, chissà… come professore di un’università o di una scuola o chissà lavorare in ascensore in un grattacielo o qualsiasi altra cosa, come caricare cadaveri in un’impresa funeraria. …Però, arrivò Fidel Castro, comandante in capo, e mise le cose al proprio posto, tutta la mia famiglia se ne andò in esilio, il triste doloroso esilio. Io rimasi o non rimasi? o come a me piace dire “me fui quedando”, “iniziai a rimanere”. Poco a poco, analizzai bene quello che succedeva… … per vedere se tutto quello che stava accadendo era una rivolta populista e demagogica o era una rivoluzione profonda, che arrivava all’anima del cuore, con qualche contenuto poetico sostanzioso..

Però qua all’IILA mi ha portato la Rumba, effettivamente, invitato dalle persone qui presenti, e oggi vorrei parlare non della Rumba, ma di un’altra rumba, la rumba che sta nella sensibilità e nella testa di tutte le persone sensibili. La rumba che è l’essenza della vita, che è il motivo per il quale esistiamo, che è la forza che muove il pianeta, che non è solamente l’amore, perché l’amore è una forma della poesia.

Come ho detto prima, io pensavo che il mio destino fosse quello di vivere negli Stati Uniti, o anche in Inghilterra, perché la mia famiglia voleva che io perfezionassi l’idioma inglese, invece il mio destino è stato l’Europa, l’Italia, il paese meraviglioso che amo tanto, non perché mi ha fatto Cavaliere o perché mi hanno dato l’honoris causa alla Sapienza, che è un onore che non merito, ma perché in questo paese ho incontrato quel senso della bellezza, quel senso della poesia, quel senso della cultura, non solo nella letteratura, ma nelle strade, nelle pietre, nel cielo, in tutto quello che vediamo al nostro intorno, nella notte, quasi alle tre della mattina passeggiando con il mio amico per le strade, guardando opere di Bramante, giovani meravigliosi che cantano e ballano.

Io so che c’è crisi, ma la crisi è nella politica non nella cultura. La cultura mai è in crisi, la cultura è sempre progressiva, dialettica e ascendente. Quando la porta della cultura si apre al cuore, quella porta non si chiuderà mai. La politica sale e scende, l’economia quasi sempre scende, poche volte sale. La cultura cresce sempre, è l’ampliazione dello spirito.
E che cosa è la Rumba? L’ampliazione dello spirito, la Rumba non è altro che questa espressione, dialettica, di danza e ballo, quando all’uomo e alla donna negra, schiavi, non gli bastavano i loro canti e orazioni religiose e criptiche del sistema magico religioso di Cuba, quando avevano la necessità di aprirsi alla libertà, di sentirsi esseri umani, che non erano solo devoti agli dei ma avevano un’altra forza, collaterale, coadiuvante, qual era la forza della creatività, il genio della creatività, gli uomini e le donne negre, nel mezzo della schiavitù, crearono questo genere meraviglioso che è la Rumba, per dimostrare al mondo che nei momenti più duri, più difficili, più dolorosi, l’uomo sempre cerca una possibilità, un’apertura, di luce e di allegria. Questo è la Rumba, l’ampliazione dello spirito. Per questo la Rumba e la poesia sono sinonimi“.

Moreno Stortini

nato a Bastia Umbra vive attualmente a Roma, funzionario pubblico, interessato da sempre alla musica e da essa condizionato nella vita e nelle scelte. Per lui la musica è poesia, amore per la bellezza, motore della propria vita. Negli anni ’70 il Rock, poi ascolta e legge di Jazz, infine l’America latina, dove vive per un breve periodo e poi frequenta, affascinato dalla musica, dalla storia e dallo studio delle civiltà precoloniali e delle radici africane, indelebili per i popoli delle Ande e dei Caraibi. Conquistato da questo miscuglio di razze, di suoni e di lingue, che interpreta come artefici della creazione di un sentimento nuovo di Musica e di Letteratura, capace di segnare i destini del mondo occidentale e non solo. E, last but not least, l'Afro latino con il jazz, una bomba di suoni e di emozioni che per lui “non ha uguali”. Innamorato di ciò, spende voglia ed emozioni che spera di trasmettere.