Klimt nella sua Vienna

Forte del grande successo di pubblico e critica ottenuti dalle mostre a Firenze, Milano e Reggia di Caserta (oltre 270.000 visitatori complessivi), a cento anni dalla morte approda a Roma dal 10 febbraio al 10 giugno 2018, Klimt Experience, un percorso multimediale immersivo dedicato alla vita e alle opere del pittore per approfondire la conoscenza dell’uomo e dell’artista, la comprensione delle sue opere, la lettura stilistica attraverso la messa in scena spettacolare dei dettagli e della sua tecnica pittorica.
Ma non si può conoscere e innamorarsi di Klimt senza visitare Vienna e i suoi musei. Una passeggiata nei luoghi della cultura della città può infatti avere come filo conduttore colui che è considerato il massimo rappresentante dell’arte e della pittura viennese del secolo scorso: Gustav Klimt.
Le opere più belle e significative del famoso pittore sono sparse in diversi musei, idealmente parte di un percorso biografico: dal Kunsthistorishes Museum al Leopold Museum, dalla Secession al Wien Museum al Belvedere Superiore, sono esposte le più conosciute opere di Klimt che fanno parte del suo percorso formativo.
Nato nel 1862 in un sobborgo di Vienna da padre orafo e madre amante della musica lirica, è il secondo di sette fratelli (quattro femmine e tre maschi), nel 1876, malgrado le difficoltà economiche della famiglia, venne ammesso a frequentare la scuola d’arte e mestieri dell’Austria (Kunstgewerbeschule), dove studiò arte applicata fino al 1883, cominciando a formare personali orientamenti di gusto e a padroneggiare diverse tecniche artistiche, dal mosaico alla ceramica, nel rispetto dei canoni accademici e della storia dell’arte del passato. I frutti dei suoi studi si videro ben presto perché nel 1890 gli venne commissionata la decorazione del cortile del Kunsthistorisches Museum, da cui può iniziare la passeggiata viennese alla scoperta di Klimt e la visita al Museo.
Nel 1892, a pochi mesi dalla morte del padre, anche il fratello Ernst morì improvvisamente: questi lutti segnarono profondamente la sua produzione artistica, interrotta per anni d’inattività. Nello stesso periodo incontrò Emilie Flöge che, pur essendo a conoscenza delle relazioni che il pittore intratteneva con altre donne (negli anni novanta del XIX secolo Klimt sarà il padre riconosciuto di almeno quattordici figli), sarà la sua compagna fino alla morte e ritratta dal pittore in moltissimi dipinti.
In contrasto con i rigidi canoni accademici del tempo, nel 1897 Klimt fondò insieme ad altri diciannove artisti la Wiener Sezession. Gli artisti della Secessione aspiravano, oltre a portare l’arte al di fuori dei confini della tradizione accademica, in un florilegio di arti plastiche, design e architettura, anche a una rinascita delle arti e dei mestieri: non vi era uno stile prediletto, sicché sotto l’egida di questo gruppo si riunirono i simbolisti, i naturalisti e i modernisti. Il simbolo del Secessionismo era la Pallade Atena, dea greca della saggezza e delle buone cause, che Klimt raffigurerà nel 1898 in uno dei suoi capolavori., oggi visibile al Wien Museum in Karlsplatz che possiede la più grande collezione al mondo di disegni di Klimt, ben 411 pezzi.
Nel 1894 l’università di Vienna gli commissionò la decorazione del soffitto dell’aula magna sul tema illuminista del trionfo della Luce sulle Tenebre, da sviluppare su tre facoltà: Filosofia, Medicina e Giurisprudenza. I lavori furono rimandati per anni e, quando i pannelli vennero presentati, furono rifiutati e aspramente criticati dai committenti, che avevano immaginato una sobria rappresentazione del progresso della cultura, ma che si ritrovarono un turbinio di corpi sensuali. Lo stesso turbinio è oggi visibile nel Fregio di Beethoven nella Secession, realizzato negli stessi anni in occasione della quattordicesima mostra secessionista viennese, allestita dall’aprile al giugno 1902 nei locali del Palazzo della Secessione. Nella stanza completamente bianca trionfa nella parte superiore il famoso fregio, fatto di immagini visionarie, enigmatiche, dionisiache che sottintende le angosce e le aspirazioni dell’uomo moderno.
Nel 1903 Klimt si recò due volte a Ravenna, dove conobbe lo sfarzo dei mosaici bizantini: l’oro musivo, eco dei lavori del padre e del fratello in oreficeria, gli suggerì un nuovo modo di trasfigurare la realtà e modulare le parti piatte e plastiche con passaggi tonali, dall’opaco al brillante. Dal connubio tra la ricchezza dei mosaici ravennati e i neonati Wiener Werkstatte (Laboratori Viennesi) ai quali l’artista si avvicinò tornato in patria, nacquero alcuni dei capolavori klimtiani più celebri: Giuditta I (1901), il Ritratto di Adele Bloch-Bauer I (1907) e Il bacio (1907-08). Ad eccezione del Ritratto di Adele Bloch Bauer, le opere rappresentative del cosiddetto “periodo aureo”, sono oggi esposte al Belvedere superiore e sono caratterizzate dalla spiccata bidimensionalità dello stile, che si arricchisce dando maggiore risalto al linearismo e alle campiture, l’impiego di pregnanti simbolismi e la prevalenza di figure femminili.
Oltre ai due capolavori, il Belvedere ospita la più grande collezione al mondo di dipinti su tela di Klimt, i più importati ritratti (Sonja Knips, Fritza Riedler, e Johanna Staude, etc.), paesaggi e raffigurazioni allegoriche. L’opera che lascia senza fiato è sicuramente il famoso Bacio, in cui i corpi dei due amanti, dipinti in un abbraccio, è come se uscissero dal quadro al punto che il visitatore può percepirne il calore e la forza. Su una tela di quattro metri quadrati, sono visibili, oltre alle influenze dei mosaici bizantini, quelle dell’arte giapponese e dei pannelli medioevali, nonché di Auguste Rodin, George Minne, and Edvard Munch.
Dopo la stesura di Giuditta II, nel 1909, Klimt ebbe un periodo di crisi esistenziale e artistica. Con il tramonto del mito della Belle Époque e l’imminente fine dell’Impero austro-ungarico, Klimt iniziò a mettere in discussione la legittimità della propria arte, soprattutto quando venne a contatto con la produzione di artisti come Van Gogh, Matisse, Toulouse-Lautrec: dal punto di vista stilistico, il “periodo maturo” è caratterizzato dalla fusione di queste influenze e dall’abbandono del fulgore dell’oro e delle eleganti linee art nouveau. Determinante per questa contaminazione fu anche l’incontro con la pittura espressionista di due grandi interpreti viennesi, Egon Schiele e Oskar Kokoschka, già suoi allievi. Notevole fu anche l’influsso esercitato dall’impressionismo, come emerge nei diversi paesaggi dipinti in questo periodo, che ricordano molto da vicino Claude Monet.
Alla ricerca di una modalità espressiva meno sofisticata e più spontanea, egli adottò una tavolozza più colorata, con cromatismi più accesi, minimizzando l’uso dell’oro e delle linee. Oggi le opere klimtiane della maturità e le influenze degli impressionisti e degli espressionisti sono esposte al Leopold Museum, uno dei quattro musei viennesi all’interno del moderno Museum Quartier. Degni di attenzione sono gli autoritratti del pittore e i dipinti di chiara ispirazione impressionista. Ma il capolavoro da non perdere è il celebre dipinto “Morte e Vita”, risultato di una rivisitazione da parte del pittore in più tempi. Di nuovo la vita è rappresentata in tutte le sue generazioni, dal bambino fino alla nonna, a descriverne l’intero ciclo. La rappresentazione della morte, in un vivido blu, comunque colore freddo per eccellenza, cerca di afferrare la vita che si sussegue nelle varie fasi dell’esistenza umana, fino a trionfare nella vecchiaia. La circolarità della vita è anche nelle pose degli abbracci che sembrano ghirlande dai tenui colori pastello. L’opera nel 1911 ha ricevuto il Premio della Mostra Internazionale di Roma che oggi celebra il pittore a cento anni dalla morte.

 

 

Monica Zarelli

Giornalista, laureata in Scienze Politiche, lavora da molti anni in una società pubblica, dove si é occupata di comunicazione, ufficio stampa e gestione contenuti di numerosi siti internet. Attualmente segue la promozione e la gestione di programmi per lo sviluppo delle imprese e del territorio. Mamma di Sofia, pratica danza, nuoto e sport all'aria aperta, anche se recentemente si é appassionata al Krav Maga. Adora gli impressionisti e ama, non segretamente, un Lorenzo che di cognome fa Jovanotti.