Anno 1220. Marco Tiepolo, giovane veneziano, si trova suo malgrado coinvolto nella missione segreta dei Cavalieri teutonici, incaricati di recuperare la Santa Croce in Oriente. Questo lo porterà a intraprendere un viaggio ai confini del mondo per cercare una risposta alle sue inquietudini.
Diverso tempo fa consigliai l’amico e autore Maurizio Selvatico a un paio di case editrici. Avevo letto qualcosa che aveva scritto, ma non ‘La Spada e la Croce’. Ebbi dei riscontri positivi da chi aveva letto il manoscritto, tuttavia – e parliamo di diversi anni – Maurizio non approdava alla pubblicazione. A un certo punto mi venne il dubbio che questo romanzo storico, ambientato nel ‘200, non fosse così buono come supposto, e che magari le varie opinioni fossero state generose, per assecondare lui e me.
In realtà leggendolo mi sono stupito di come non sia stato pubblicato prima. E’ un romanzo storico e fantastico, dove le due componenti sono armonizzate. Il romanzo è scritto benissimo, ‘Le Mezzelane’ ha fatto un ottimo lavoro di editing, ma sono sicuro che sotto il profilo linguistico non sia stato impegnativo, perché Maurizio scrive benissimo. Quattrocentocinquanta pagine che scorrono piacevolmente e fanno entrare il lettore dentro un’epoca di lotte per l’egemonia dei mari, della Terra Santa, con vicende che riguardano Federico II, il Papa, l’Impero Romano d’Oriente, i mongoli, i romei e molto altro.
Il testo denota una certa cultura dell’autore su questa epoca storica. Cultura vera, non appresa fuggevolmente da qualche post o riferimento online, sempre utilissimo, ovvio.
Giustamente si è fatto un lavoro di riduzione, all’origine il romanzo era ancora più ampio, e la ritengo una scelta giusta, tuttavia alcune precisazioni il lettore le avrebbe trovate di suo gradimento, per esempio le circostanze e il duello che determinano la dipartita di Marco Tiepolo, nonché la sua infatuazione per colei che lo cagiona sembra essere coerente ma frettolosa, così come la spiegazione in forma di parole e azioni dal valore narrativo del potere della Croce e dunque delle reliquie. Su questo aspetto va fatto maggiormente entrare il lettore in relazione alla spiritualità e all’immaginario dell’epoca, sempre in forma di dialogo o azione, così come riguardo il valore della Croce nel finale, che appunto da sola può o potrebbe determinare la conversione di una comunità di primitivi. Si approva quindi questo lavoro di riduzione, ma a questo punto dieci-quindici pagine in più sarebbero state opportune, e non perché il romanzo non fili liscio, ma proprio per renderlo meno schematico in alcuni passaggi. Sottolineo ‘alcuni’.
A essere sorprendente è però la tribolazione di Maurizio Selvatico a farsi pubblicare questo romanzo. Se magari lo avessi letto prima forse sarei stato di maggiore aiuto – anche se di aiuto comunque lo ero stato -, perché un conto è consigliare un autore di cui si è letto qualcosa, un altro è tirare per la giacchetta qualcuno dicendogli ‘guarda che è un libro che vale’. E l’interlocutore si rende sempre conto con chi parla e se le sue sono opinioni autentiche.
‘Le Mezzelane’ va benissimo, anzi lode e onore a questa casa editrice che ha pubblicato il romanzo, il quale appartiene anche tra i generi che tratta. Da un punto di vista tecnico di valutazione editoriale, questo è il classico testo Newton Compton, e penso che potrebbe avere anche un’altra prossima vita, al netto dei vari cambiamenti e dinamiche nazionali e internazionali, che coinvolgono pure la disponibilità delle imprese del mercato editoriale.
Aggiungo che Maurizio è una persona amabile, affabile e spigliata, che spesso per esempio nei social network non riesce a dare il meglio, portato talvolta a fraintendere, a essere supponente o a polemizzare su cose che esigono altri approfondimenti, per cui alcuni di quelli che non lo conoscono di persona potrebbero rimanere sorpresi dalla raffinatezza del testo.
Sicuramente è un libro consigliato: 4 stelle e mezza su una scala da uno a cinque ci stanno tutte. Un romanzo apprezzabile da chi ama il genere storico e fantastico ed è giustamente esigente che le componenti siano ben congegnate fra loro, peraltro Maurizio quando usa i registri fantastici lo fa in modo che essi siano coerenti con l’immaginario del lettore, dell’epoca e al contempo assumano un significato metaforico o allegorico.
C’è dunque nella sua scrittura anche la lezione di Dante, Marco Polo e del Don Chisciotte di Cervantes, ancestrali antesignani di questo romanzo. Se vogliamo pure un pizzico di Casanova.