Le Donne, il Jazz e l’arte. Grazie al Lucia Ianniello Quartet e Lettori Virali abbiamo vissuto una serata di musica e riflessione in perfetta armonia sonora e poetica. La tromba e il sassofono, il basso e il piano, a volte con un uso sobrio delle strumentazioni digitali, raccontano una bella melodia all’interno del tessuto compositivo, con note piene, avvolgenti e calde, a volte con tratti essenziali, improvvisati, altre più tondi o obbligati, giocando sui contrasti tra i timbri le singole parti non si confondono.
“Kandinskij ha inventato l’astratto? (…) E noi, almeno, come facciamo a non porci la domanda se amiamo Matisse perché è Matisse o anche perché non conosciamo Sonia Delaunay?”
Il dialogo tra testo e musica prende forma e forza e ci guida nel nobile e impegnativo tentativo riuscito di riflettere sul ruolo delle Donne nell’arte anche grazie ai testi della storica Anna Maria Panzera. Chi può negare che non sia mai esistito un Michelangelo o un Miles Davis, femmina? Questa la domanda che ci siamo posti ed alla quale la Panzera lascia il ragionevole dubbio di un’Arte troppe volte machista. La creatività non ha genere eppure viene da chiedersi perché esistano così poche Artiste, o se esista una creatività di genere che tiene lontane le donne dai libri di storia. Ed abbiamo incontrato tra le tantissime anche Carla Bley e Eva Hesse.
Carla Bley, cognome di nascita Borg (Oakland, 11 maggio 1936), è una compositrice, pianista e organista statunitense di musica jazz. Nasce ad Oakland in California ma già dall’età di sedici anni si trasferisce a New York, per entrare in contatto con l’ambiente jazz più importante all’epoca. A 21 anni si sposa con il pianista jazz Paul Bley, del quale terrà il nome da sposata, sebbene la coppia abbia in seguito divorziato. Già a partire dal 1960 sue composizioni sono eseguite da diversi jazzisti di fama come George Russell, Jimmy Giuffrè, Art Farmer e lo stesso Paul Bley. Diventa in seguito importante figura del movimento Free jazz degli anni sessanta: collabora con la Liberation Music Orchestra di Charlie Haden e con artisti di diverso stampo come Steve Lacy, Don Cherry, Roswell Rudd, Jack Bruce, Robert Wyatt e con il batterista dei Pink Floyd Nick Mason. Il suo album Escalator over the Hill (1968), un concept album ispirato ai testi del poeta surreale John Haines, vide la partecipazione di Paul Haines, Jack Bruce, Sheila Jordan, Linda Rostandt e Jeanne Lee.
Eva Hesse – da www.globartmag.com – estratto dall’articolo di Micol Di Veroli
Eva Hesse nel corso della sua breve carriera artistica ha contribuito a cambiare per sempre il modo di approcciarsi alla pratica scultorea avvalendosi di materie all’epoca poco utilizzate e sperimentate come la gomma, le resine, il poliestere, il lattice ed altre materie plastiche. L’estrema duttilità degli elementi utilizzati, assieme ad un ferreo e pragmatico controllo degli stessi, permisero all’artista di realizzareinstallazioni in bilico tra forme organiche e presenze eteree, opere ibride che evocano tensioni tra contrari: caos e ordine, materiale ed immateriale, spazio positivo e negativo.
La tragicità di un’esistenza vissuta tra la fuga dal nazismo, il divorzio dei genitori ed il conseguente suicidio della madre si riflettono sull’insubordinazione estetica di superfici sfuggenti ed allo stesso tempo incredibilmente presenti. Un caos calmo pieno di vita e non solamente ricco di tragedie come molti critici hanno scritto in passato. Eva Hesse si distanzia dal minimalismo nella sua ricerca ai limiti del morbido e dell’erotico, nel suo processo non meccanico di ripetizione di forme e significati. Se il minimalismo ha guardato all’oggetto industriale, Eva Hesse ha forse prodotto un nuovo tipo di oggetto, dalle caratteristiche non catalogabili od etichettabili.
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