“Invece la Carella lo vede che le versioni della fila A sono fatte con lo stampino allora sta addosso a loro e a noi di meno. Fanno una bella fatica a fare arrivare la versione tradotta a tutti. Loro hanno solo Filippo, ma noi siamo di più, come il grande Ajax.
Tanto per cominciare l’Ajax ci piace perché ha un nome classico. Ajax, Ajacis, Ajaci, Ajacem (Come? Non è cosi?) che era un grande eroe, uno tosto. Poi l’Ajax fa un calcio nuovo. Giocano come noi traduciamo il greco. Ognuno ha una tecnica fina, ma gioca per gli altri, non da solo. E la squadra ha la tattica, la squadra sa cos’è la strategia. Il sistema del fuorigioco perfetto, pressing a tutto campo. L’Ajax non solo vince ma polverizza gli avversati, li annichilisce. Li lascia morti sulla terra del campo. Marina è come Haan, non solo fa la regia ma pure tesse le fila, corregge, reimposta. Io sono Krol e Gustino è Sourbier. Facciamo passaggi precisi che non sgarrano un millimetro pure a quaranta metri. Pare che le traduzioni le facciamo per una casa editrice. Poi c’è Bolano che è come Cruijff. E’ un fuoriclasse. Si piglia lui le parti più difficili ma, almeno in questo, accetta le critiche e se capisce che sbaglia gioca di nuovo la palla e poi ripassa.
La fila A sono come il Milan di Rivera, se non gioca Filippo allora niente va. Quando Filippo si è rotto il braccio il mese scorso quelli hanno preso tutti tre e noi il solito otto e sette e la Carella più di otto non mette. Così per politica personale. O traducete come Annibal Caro oppure il dieci con Carella ve lo potete scordare. Allora la Carella ha detto che era strano, che il livello delle due versioni era equivalente.
Quando al compito dopo Filippo è mancato di nuovo che gli era morto uno zio allora la Carella che stupida non è la foglia se l’è finalmente mangiata. “Copiate tutti da Bisantis, eh? Peggio per voi… D’ora in avanti lui farà una versione personale…”
La fila A sono venuti a chiederci consigli su come si fa e come non si fa per tradurre le versioni all’olandese. E noi gli abbiamo risposto che si potevano attaccare all’autobussu.
L’Ajax è inimitabile perché gioca un calcio nuovo, straordinario. Fanno un gioco bellissimo, pure esteticamente. Difensori che hanno i piedi buoni e sanno pure attaccare. Centrocampisti che non contrastano soltanto ma sanno costruire e concludere. Non parliamo poi degli attaccanti, che segnano ma che pure difendono. Potete avere pure un Pelè o un Boszik. Gli altri però siete delle provole acide. Resterete tutti dove dovete restare. Pregate per la sufficienza, cazzoni!”
‘Tredici gol dalla bandierina’ di Ettore Castagna (Rubbettino, 2018), pp. 56-57.
La forza di questo romanzo non sta tanto nel percorso formativo e generazionale dei ragazzi degli anni ’70, comune e diverso a quello delle generazioni successive, meno politicizzate da un punto di vista ideologico, ma nel coacervo riuscito di aneddoti e circostanze culturali e sociali, molto tipiche. L’autore è nato dieci anni prima di me, eppure con i ricordi d’infanzia rivedo quella Catanzaro di impiegati dell’Enpals, della Sip, del Tribunale, di questo e quell’altro, di carte – residui d’ufficio – svolazzanti per strada, di timbri e controtimbri, di quella sensazione di sospensione del primo pomeriggio, nonostante ‘un amico è come una giornata senza vento a Catanzaro’. E poi i negozi d’abbigliamento, dove si faceva pellegrinaggio un po’ da tutta la provincia – compresa Vibo che allora si ricava anche a Lamezia – e poi le marche di caffè, un binomio tra calcio e manifestazioni extrasportive. Le ‘istituzioni’ dell’Upim e della Standa, i calzoni fritti buoni, i suoi commercianti ambulanti in macchina che portano piccoli affari in provincia, per un corredo, un set di pentole, tovaglie e maglie, piccoli affaristi del vino in giacca e cravatta con una vecchia mercedes lungo le strade, che assomigliano a Leone di Lernia, un cantante ironico e demenziale scomparso.
La scrittura prende il lettore, l’uso del dialetto o dello slang catanzarese stuzzica piacevolmente, diventa quindi esso stesso ‘trama’, mentre la storia propriamente detta è un po’ più canonica, secondo i dettami del romanzo di formazione della provincia italiana e meridionale. E poi c’è Massimeddu Palanca, la leggendaria ala sinistra del Catanzaro, pioniere dei calci piazzati, piedino fatato e autore anche di ben tredici gol dalla bandierina del calcio d’angolo. Tredici ‘stazioni’ che computano il romanzo.
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